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d.r.fotografia b&w photography by moreno bacciotti

 

 

Sostanze chimiche 1

 

 

Componenti

 Nella sostanza, quasi tutti i rivelatori B&N si compongono in maniera simile. L' esperienza insegna, tuttavia, come i risultati finali si differiscano notevolmente, smentendo l' impressione che un rivelatore valga l' altro. In effetti, le pur poco numerose sostanze che vengono combinate fra di loro permettono migliaia di differenti soluzioni, dato che il cambiare la concentrazione di un prodotto od abbinarlo ad un composto piuttosto che ad un altro comporta notevoli variazioni nel comportamento ai fini fotografici.

Cosa compone lo sviluppo:
I rivelatori B&N comprendono sempre nella loro formulazione: A) una sostanza riducente, reale agente dello sviluppo in quanto preposta a cedere elettroni agli alogenuri esposti trasformandoli in argento metallico, nero e opaco alla luce. B) una sostanza antiossidante, in veste di agente conservante. Dato che il composto riducente tenderebbe ad ossidarsi spontaneamente con l' ossigeno atmosferico, si rende necessaria l' aggiunta di un qualcosa che impedisca il verificarsi di tale reazione indesiderata, pena la brevissima conservabilità del bagno di sviluppo. C) una sostanza alcalina, in veste di accelerante. L' elevare il valore di pH (aumentando l' alcalinità) del liquido di sviluppo provoca un azione della sostanza riducente molto più rapida e molto più intensa di quanto non sarebbe se non si provvedesse in tal senso. Alcuni rivelatori, anzi, non sono proprio in grado di svolgere la loro funzione, se disciolti in liquido non alcalinizzato. D) una sostanza ritardante, in veste di antivelo. Per contro, spesso è necessario dare "un colpo al cerchio e uno alla botte", aggiungendo una sostanza in grado di interdire l ' azione del rivelatore, a cui viene così impedita un azione troppo energica, che sarebbe causa di formazione di velo. In linea teorica, solo il rivelatore è indispensabile. Praticamente ed in vista di risultati accettabili e costanti, tutti questi elementi sono presenti. Solo in qualche rara eccezione (ad esempio il D-23) sono presenti solo la sostanza riducente e quella conservante.

Sostanze riducenti:
Non tutte le sostanze riducenti possono essere impiegate come rivelatori: sono adatte ai fini fotografici solo quelle il cui potenziale di ossido-riduzione è compreso tra valori pittosto critici. Ad esempio, il succo di banana, il frullato di salame, la polpa di mela sono tutte sostanze riducenti. Tuttavia - ed è risaputo - non possono essere utilizzati come rivelatori; ciò si deve appunto al loro potenziale di ossido-riduzione non compreso entro i valori richiesti. I rivelatori più comunemente usati sono quasi tutti - ad eccezione del Phenidon - derivati dal benzene.

Metolo (solfato di metil-parammino-fenolo) E' uno dei rivelatori più diffusi, data la buona energia, anche in assenza di alcali. In presenza di solo solfito da' luogo a rivelatori lenti e finegranulanti; il carbonato di potassio ne aumenta la rapidità e permette maggiori diluizioni. Il contrasto non è mai eccessivo, data la tendenza a sviluppare in superficie; in presenza di alcali caustici tende a velare la pellicola; in abbinamento all' idrochinone da' luogo a sviluppi più estesi in profondità; tale abbinamento viene convenzionalmente siglato come "formula MQ". Proporzioni d' uso (sempre espresse in grammi /litro) : in presenza di idrochinone da 1 a 5 grammi. L' idrochinone è in tali casi da 2 a 5 volte superiore al metolo, variando il contrasto da morbido a duro. Ciò vale a dire che - in linea di massima - la sensibilità della pellicola viene determinata dalle proporzioni di metolo, mentre il contrasto proprio della formula viene variato combiando la proporzione di idrochinone, anche lasciando invariate le quantità di metolo. In assenza di idrochinone, occorre aumentare la dose, giungendo a 5-20 g/l. In assenza di alcali si sale a 10-20 g/l. Per alcalinizzare bagni contenenti solo metolo e in assenza di idrochinone, è preferibile scartare il borace come sostanza alcalinizzante e ricorrere, invece, almeno al carbonato.

Idrochinone (para-diidrossibenzene) Complementare al metolo per molti aspetti: contrastato ma non molto rapido nella sua azione se non abbinato a qualcos'altro ( a meno che non si elevi in modo particolare il contrasto). L'attività, cioè la rapidità d'azione, è molto influenzabile: quasi nulla al di sotto dei 15° C., molto rallentata dall'antivelo bromuro, scarsa a Ph bassi (cioè se il bagno contiene alcali deboli) elevata con alcali forti. Agisce se è alcalinizzato con carbonato, (con tempi lunghi di trattamento); è rivelatore di superficie in presenza di soda caustica, rapido e contrastato; agisce contemporaneamente in profonditè e in superficie in superaddittività con metolo, cioè ad esso abbinato. Per essere usato in presenza di altri rivelatori, richiede dosi piuttosto alte e fornisce negativi ad altissimo contrasto. Proporzioni d'uso: se abbinato al metolo, dai 3 ai 30 grammi/litro. In presenza di phenidon, da 5 ai 20 g/l; in bagni a bassissimo contrasto può scendere al di sotto dei 3 gramm, con similari quantità di metolo. In assenza di altri rivelatori, si può arrivare fino a 30 g/l, alcalinizzando con idrossido di sodio o potassio ed abbondando con la sostanza antivelo

Phenidon Fenidone (1-fenil-3pirazolidone) La principale caratteristica è la sua capacità di sfruttare a fondo la sensibitità delle emulsioni, e a questo scopo viene sovente abbinato all'idrichinone; tale tipo di formula "cugina" di quella MQ al metolo-idrochinone, viene denominato "PQ". Molte delle formule metolo-idrochinone, anzi, sono trasformabili in PQsostituendo il metolo con una quantità di fenidone pari circa al 20%, cioè un quinto; gli altri componenti possono essere lasciati invariati, ad eccezione del bromuro di potassio che va convenientemente con del benzotriazolo. Il fenidone può essere usato come solo unico rivelatore in soluzione con solfito e carbonato, ma porta a negativi di contrasto molto basso. E' interessante notare come venga rigenerato, nei suoi prodotti d'ossidazione, dall'idrochinone, con il quale quindi fornisce rivelatori di buona energia e efficacia piuttosto costante. Proporzioni d'uso: abbinato all'idrochinone, da 0,1 a 5 grammi/litro; in tal caso l'idrochinone deve essere presente in dosi da 10 a 50 volte superiore. Ovviamente, maggiore è la quantità di idrochinone, più alto sarà il contrasto ottenuto. Per comodità, è possibile mantenere la dose di fenidone fissa intorno al 0,25 - 0,50 g/l, modificando qualsiasi caratteristica del bagno col variare le proporzioni di idrochinone, solfito od altro conservante-solvente, alcali ed antivelo. Attenzione: il fenidone presenta una scarsissima solubilità in acqua pura, ragion per cui è necessario effettuare la diluizione dopo aver disciolto almeno il solfito

Glicina (para-diidrossifenil glicina) Presenta un'ossidazione spontanea all'aria estremamente lenta, oltre alla capacità di portare a rivelatori molto compensatori, con contrasto basso, grana molto fine. Per tutto questo insieme di caratteristiche la glicina si presenta alquanto interessante, dato che permette di ridurre la quantità dell'agente conservante-solvente, a tutto vantaggio dell'acutanza. Tuttavia, è conveniente ricorrere alla glicina in abbinamento anche con altre sostanze riducenti (fenidone, idrochinone o, eventualmente, anche metolo), per ovviare alla scarsa energia che la caratterizza. Assai poco solubile in acqua, lo diventa, invece, in soluzioni alcaline. Se usata da sola richiede alcalizzazione abbastanza cospiqua, preferibilmente con carbonato. Proporzioni d'uso: in abbinamento con altri riducenti da 0,5 a 8 grammi/litro. Se usata da sola, da 8 a 15 g/l alcalinizzata con 40-50 g/l di carbonato.

Paramminofenolo (PAF) Utilissimo per la preparazione di bagni concentrati da diluire fortemente, tipo Rodinal. Compensazione discreta, grana non eccellente, contrasto normale. Proporzioni d'uso: da 10 a 100 g/l, fortemente alcalinizzati e con metabisolfito in luogo del solfito.

Parafenilendiammina (1,4 diamminobenzene) In commercio per uso fotografico, in realtà è reperibile quasi esclusivamento il suo sale cloridrato. E' il rivelatore a grana fine per eccellenza, conduce ad un contrasto piuttosto basso. Essa ed i suoi derivati hanno larghissima applicazione negli sviluppi cromogeni (trattamenti per il colore). Uno degli abbinamenti più significativi e più utili è quello che viene fatto unendola all'idrochinone, per via della necessità di un'innalzamento di contrasto e delle necessità di un agente che aiuti a ridurre gli alogenuri negli strati più interni dell'emulsione. Proporzioni d'uso: per rivelatori finegranulanti, in abbinamento con glicina in pari quantità: da 10 a 14 g/l, appoggiandosi anche ad un centinaio di grammi di solfito. Abbinata al metolo conduce a grana fie e forte compensazione ( dai 2 ai 5 grammi di metolo e dagli 8 ai 10 grammi di parafenilendiammina); con idrochinone (2-3 grammi) e metolo (4-8 grammi) per grana fine ma contrasto più vivace: dai 4 agli 8 grammi. Al cloridrato di parafenilndiammina può essere sostituita l'ortofenilendiammina. Utilizzando la p-fenilendiamminain base libera anzichè in cloridrato la proporzione è di 5:8.

Pirogallolo (1,2,3 triidrossibenzene) Comportamento assai simile alla pirocatechina. Una volta alcalinizzato ha conservazione ancora più limitata, mentre 'convive' bene con soluzioni contenenti discrete quantità di metabisolfito. Proporzioni d'uso: da 5 a 10 g/l.

Amidolo (2,4 diamminofenolo) E' uno dei pochissimi rivelatori utilizzabili senza eccessivi problemi anche in assenza di sostanze alcalinizzanti, in soluzione con del smplice solfito. Ovviamente l'attività cresce in modo considerevole al crescere del pH, ma è realmente interdetta solo a valori inferiori a 3,5. A simili gradi di acidità nessun altro rivelatore sarebbe in grado di funzionare. L'amidolo, inoltre, presenta una buffa caratteristica: in presenza di forti dosi di metabisolfito di sodio ( il quale tende ad acidificare la soluzione) ha spiccatissimo comportamento di profondità; addirittura, l'immagine si forma privilegiando dapprima gli strati più profondi progredendo in densità solo in un secondo tempo verso la superficie. Proporzioni d'uso: da 5 a 8 g/l.

Sostanze antiossidanti e solventi:
Dato che i rivelatori tendono ad ossidarsi con l'ossigeno atmosferico, si rende necessaria la presenza di sostanze conservanti. A tale scopo si introduce in soluzione lo ione solfito SO3, normalmente derivato dal solfito di sodio per la sua economicità. Esistono altri due effetti secondari propri dello ione solfito, rilevabili in misura differente a seconda della concentrazione che viene fatta assumere alla sostanza antiossidante. Il primo è una sorta di effetto di "sinergismo" (cioè di somma amplificata delle forze) che si verifica nei confronti della capacità riducente, data la sua tendenza ad ossidarsi a solfato. Tale capacità, tuttavia, non si esplica utilizzando il solfito da solo, che è privo di qualsiasi azione autonoma di sviluppo. Abbinato ad una vera sostanza riducente, però, il solfito ne aumenta l'energia; tale effetto si maifesta in modo rilevabile a concentrazioni comprese fra i 5 e i 50 g/l. Crescendo la concentrazione del solfito (oltre i 70 g/l) viene a manifestarsi un altro effetto, più conosciuto anche in virtù della sua considerevole importanza ed influenza sul risultato finale: l'effetto solvente. Concretamente, capita che il solfito tenda a disciogliere parzialmente gli alogenuri d'argento prima che questi abbiano modo di essere completamente sviluppati; in tal modo le dimensioni massime dell'agglomerato d'argento non assumono mai misure notevoli, dato che parte dell'alogenuro viene "smangiato" dall'azione del solvente. Quando tale effetto viene volutamente calcato, si va incontro ad un certo calo di sensibilità, dovuto al fatto che le densita potenzialmente raggiungibili vengono diminuite sul nascere, prima che abbiano modo di formarsi (vedi Microdol-x o Perceptol).

Solfito di sodio Proporzioni d'uso: come antiossidante comincia ad avere un minimo d'effetto già a basse concentrazioni (5 g/l); maggiore è la quantità, tuttavia, più lunga diviene la conservazione. (Attenzione: i rivelatori come il pirogallolo e l'amidolo sono scarsamente protetti anche da elevate concentrazioni di solfito). La concentrazione normale è compresa fra i 30 e i 70 g/l; oltre i 70 g/l si fa avvertibile l'effetto solvente; non è conveniente superare i 120 g/l. Alle concentrazioni più alte si assiste ad un calo di sensibilità e dell'acutanza, oltre ed un buon affinamento della grana.

Metabisolfito, Bisolfito (di sodio e di potassio) Presentano una serie di caratteristiche che li rendono vantaggiosi nelle formule ad alta concentrazione previste per forti diluizioni. Innanzitutto producono una avvertibile tendenza all'abbassamento del pH del bagno, il che rende più conservabile la sostanza riducente; inoltre, in assoluto, svolgono migliore protezione nei confronti dell'ossidazione spontanea. Infine consentono di raggiungere alte concentrazioni (cosa negata al solfito), in modo da conservare una presenza significativa anche una volta portato a diluizione d'uso il rivelatore. Fino a 300 g/l.

Iposolfito di sodio Per una tendenza in via di sparizione, si usava produrre un effetto solvente simile a quello fornito dal solfito di sodio ricorrendo a basse concentrazioni di iposolfito, che è la sostanza usata nel fissaggio per asportare gli alogenuri non esposti. Tuttavia, tale tecnica comporta un certo decadimento dell'acutanza senza presentare reali vantaggi.

Sostanze alcalinizzanti:
La loro funzione è quella di accelerare l'azione del rivelatore, In alcuni casi sono indispensabili, dato lo scarso contrasto che il rivelatore da solo conferirebbe all'immaagine. Altro caso per il quale è obbligatoria l'alcalinizzazione è la presenza di metabisolfito, che abbassa il pH fino a rendere pressochè inattivo il bagno. Maggiore è l'alcalinità che si conferisce al liquido, più alto diviene il contrasto. Rigonfiamento della gelatina, ingrossamento della grana, minore conservabilità, oltre che ad una spiccata tendenza al velo, sono gli effetti collaterali di forti alcalinizzazioni.

Carbonato di potassio e di sodio Sono pressochè intercambiabili, mantenendo il rapporto K:Na = 13:10. Una soluzione di carbonato al 10% ha pH=11,5 circa. E' una delle sostanze alcalinizzanti più usata, perchè rappresenta un buon compromesso; normalmente una soluzione alcalinizzata con carbonato ha una conservazione abbastanza soddisfacente e tende a sviluppare piuttosto a fondo, dati i tempi non brevissimi necessari per il trattamento. Per tale motivo il contrasto è vivace, ma non durissimo. Proporzioni d'uso ( considerando uso di carbonato anidro): 5-13 g/l per bagni morbidi; 14-30 per bagni normali; 30-80 per bagni contrastati. Occorre non scordarsi, però, dall'enorme incidenza data dalla presenza di rivelatori come l'idrochinone o la pirocatechina. I cristalli di carbonato decaidratoequivalgono al 37% in peso rispetto all'anidro; il carbonato monoidrato corrisponde invece all'85% circa.

Idrossidi Sono molto più "violenti" del carbonato, e vengono utilizzati per bagni assai energici, o vigorosi, o da diluire fortemente. Uno degli inconvenienti principali ( oltre alla scarsa conservabilità del bagno così alcalinizzato) è dato dal fattore pH della soluzione tende a variare durante il trattamento. Questo fattore, unito alla facile ossidabilità, rende contenenti alcali caustici inutilizzabili per più di una volta. Infatti, mentre il carbonato si idrolizza a poco a poco, mantenendo pressochè costante il pH a mano a mano che si sviluppa acido bromidrico, il rivelatore alcalinizzato direttamente con l'idrossido ha il pH elevato inizialmente, destinato, però, ad abbassarsi durante il trattamento. Soluzioni allo 0,05 di idrossido di potassio hanno il pH intorno a 12. I due idrossidi di potassio e di sodio sono intercambiabili, rispettando il rapporto in peso di 14:10. Proporzioni d'uso: Da 5 a 35 g/l. In soluzioni "usa e getta" a contrasto normale si possono raggiungere concentrazioni anche di molto inferiori.

Borace E' un alcali debole, usato quando non si intenda elevare il contrasto o produrre ingrossamento della grana. L'alcalinità del borace è spesso "tamponata" aggiungendo acido borico; viene, cos', ulteriormente mitigata e mantenuta eccezionalmente sostante.Proporzioni d'uso: Da 2 a 20 g/l; l'eventuale acido borico in funzione di tampone viene aggiunto in pari quantità.

Kodalk (metaborato di sodio) Altro agente alcalinizzante debole, usato quando si intenda giocare su piccole variazioni di pH. Utile nei bagni a grana fine e in quelli compensatori; è , tuttavia, leggermente più "vivace" del borace. Proporzioni d'uso: da 2 a 25 g/l.

Bicarbonato di sodio Anche il comune bicarbonato trova applicazione come alcali debole, paragonabile al Kodalk.Proporzioni d'uso: Da 10 a 20 g/l.

Sostanze antivelo:
Tendono ad inibire lo sviluppo, ma se aggiunte in quantità moderate valgono ad evitare la riduzione ad argento metallico dei cristalli cintenenti subgermi non derivanti da esposizione alla luce, minimizzando così la formazione di velo. In dosi eccessive comportano una perditadi sensibilità e una cattiva lettura sulle zone di bassa luce.

Bromuro di potassio Aggiunto in proporzioni oscillanti intorna al g/l, è l'antivelo più diffuso. Può essere aggiunto in quantità molto superiori quando il bagno deve essere del tipo ad altissimo contrasto; intali cai si può aggiungere fino a 12-15 g/l. Attenzione, però: i rivelatori agiscono in modo molto vario alla presenza di bromuro, così che di volta in volta si richiede un test per il nuovo tempo di sviluppo, se si è variata la proporzione di antivelo nella formula. Infatti, mentre l'drochinone alcalinizzato con un idrossido vede la sua attività ridotta di quattro volte ( occorre u tempo quattro volte superiore), lo stesso idrochinone richiede un prolungamento di solo 1,5 volte se l'alcali è carbonato di potassio. Il metolo con carbonato necessita solo di piccoli aggiustamenti del tempo di trattamento, mentre il phenidon è pressochè insensibile alla presenza del bromuro.